Qualche settimana fa l’ASL BA ha risposto alla mia lettera aperta sull’assistenza domiciliare con una missiva che trovate a questo link:
Di seguito la mia controreplica
Alla Dirigente Responsabile
dell’Unità di Fragilità e Complessità Assistenziale dell’ASL BA,
Dott.ssa Caterina Pesce
E, p.c.
Al Direttore Generale dell’ASL BA,
Dott. Vito Montanaro
Al Presidente della Giunta della Regione Puglia,
Dott. Michele Emiliano
Al Direttore del Dipartimento Promozione della Salute,
Dott. Giovanni Gorgoni
OGGETTO: Risposta – Lettera Aperta su Assistenza Domiciliare.
Gentile Dott.ssa Pesce,
Rispondo alla sua lettera dello scorso 16 novembre che il Direttore Generale dell’ASL BA, dott. Vito Montanaro mi ha partecipato in data 30 Novembre.
Mi complimento con la struttura di sua appartenenza, la Direzione Generale Asl Bari, per le significative risorse economiche messe a disposizione al fine di garantire un servizio in linea con i LEA.
Infatti tali Livelli Essenziali di Assistenza, più volte sollecitati dal Ministero soprattutto per la nostra Regione, mostrano in questo settore sanitario punti da rivedere per oggettiva carenza applicativa.
La lodevole strategia aziendale della Asl di sua appartenenza per migliorare gli standard di qualità domiciliare, pare abbia portato dal 2013 in poi a quintuplicare lo sforzo economico per quanto attiene le figure mediche specialistiche operanti a casa dei malati fragili.
Il dato riviene da una analisi semplice dei costi del coordinamento 2009-2013 avviato con Delibera Asl Ba 879 del 7 aprile 2009 (correggendola rispetto alla sua indicazione di Delibera 1268 del 2012) e poi più volte rinnovato.
Tale coordinamento, portato avanti da un solo rianimatore al costo finale di 60 mila euro/ anno, è stato sostituito dalla sua Unità di fragilità composta con un rianimatore e quattro anestesisti per un costo annuo cinque volte maggiore.
Questa improvvisa impennata di costi voluta dalla Asl Ba per una ipotetica strategia migliorativa non sembra però aver avuto i riscontri attesi. Tale valutazione non è personale e né nasce dal riscontro mediatico di lettere di critica ed articoli negativi pubblicati sulla Gazzetta del Mezzogiorno che potrebbero avere un valore fine a se stesso.
Tale riscontro avviene invece dal personale contatto avuto con alcuni malati di SLA e SMA, eseguendo una procedura di customer satisfaction che con DPR 630 del marzo 2015 questa Regione Puglia ha inteso promuovere su larga scala invitando Unità come la sua ad eseguirla. Tale autoanalisi non mi sembra essere stata minimamente presa in considerazione nella sua risposta dove lei sembra essere molto più preoccupata a descrivere presunti screditamenti o conflitti di interesse di suoi colleghi del passato.
Non le nascondo che questa figura da lei indirettamente citata è la stessa da me consultata ma solo dopo aver sentito la citazione positiva di diversi pazienti che ancora chiedono del perché questa figura sia stata esclusa.
Mi risulta sorprendente che nel quadriennio 2009 – 2013 un solo rianimatore abbia portato avanti un servizio “da solo” con visite su tutta la provincia, partecipazione a tutte le UVM e mantenendo sempre da solo il servizio di call center 24h su 24, senza avere mai patito una contestazione mediatica e ne riscontro negativo dal campione da me esaminato.
Sono invece amareggiato, me lo consenta, nel venire a conoscenza della diffida ricevuta da alcuni funzionari Asl Ba da parte di un medico della sua unità nel non diffondere a nessun malato il suo cellulare, per qualsiasi problema clinico.
Nasce così spontanea l’evidenza del disagio che alcune famiglie mi hanno descritto. Lei mi parla di neonata Rete di assistenza ma ci sono famiglie che, allarmate da problematiche di gestione su talune protesi (peg per esempio), hanno avuto come risposta “lo risolva con gli infermieri” oppure “chiami il 118” oppure ancora più significativo “si rivolga al suo medico di base”.
La sua Rete mostra anelli deboli proprio sulla perdita del concetto di presa in carico di malato fragile. La filosofia della delega di competenze, più volte descritta dai care givers che chiedono supporto ad alcuni componenti della sua Unità, è di per se un elemento di giudizio non positivo.
Ma non per tutte i componenti della sua Unità. È sintomatico come le lamentele sono evidenti in alcune aree ed assenti in altre.
Merita lode il suo collega della zona sud di Bari i cui giudizi sono risultati tutti positivi. Torna qui a galla la questione della esperienza data dal suo lavorare da sempre in una Rianimazione (Ospedale di Monopoli). Dato non riscontrabile nello stesso tenore e spessore in altre aree dove altri suoi collaboratori operano.
Mi consenta dott.ssa Pesce di giudicare disdicevole il suo modo di giudicare l’opera di un call center. Lei fa questioni economiche di costi, ovvero 150 euro/giorno per il call center con altra azienda. Ma le ricordo che un solo giorno di ricovero in UTI costa 1500 euro. Considerando l’analisi riferita da alcuni familiari di aver evitato il ricovero grazie alla competenza dei medici di quel call center queste cifre sono state ampiamente ammortizzate.
Mi preoccupa però la persistente sua non attenta ricerca della qualità e delle competenze in favore di soluzioni di delega e non confronto. I familiari stessi mi hanno riferito di aver sentito dal call center di Altamura da lei prescelto che una cannula tracheostomica “si cambia una volta l’anno” ed altre affermazioni decisamente inusuali e fuorvianti per le richieste delicate che invece vengono inoltrate.
Ed infine vorrei argomentare questo solco sempre più importante che lei sta scavando con l’utenza con un ultima importante questione.
I piani assistenziali partoriti dalle UVM stanno vivendo una pericolosa involuzione. Lei mi parla di innovazione grazie ai limitati, come numero, impianti PICC (posizionati ovviamente solo dallo stesso unico rianimatore sovracitato) ma non parla di sospensione di servizi che invece si rivelavano utilissimi per le famiglie per esigenze diagnostiche (RX ed ecografe a domicilio) e logistiche (trasporti in autoambulanza per urgenze). I suoi specialisti presenti alle UVM hanno praticamente rinunciato ad indicare l’utilità della figura dello psicologo che invece a domicilio operava un ruolo di riequilibrio relazionale e comportamentale indifferibile. Servizi e figure ora a carico delle famiglie dei malati che ringraziano vivamente le sue scelte strategiche.
Utenza che ora piange la riduzione drastica delle ore di OSS (sospese intere fasce di 5-6 ore) non sostituite numericamente da altra figure sanitarie come il DPR 630 3/2015 precisa. Lei si dovrebbe adoperare per il rispetto delle linee guida della nostra Regione che indica come LEA CD 3 livello, un numero di 10 ore di assistenza al giorno. La sua Asl si limita a dare 1-2 ore di infermiere con tempi di inevitabile inutilizzo prestazionale (le prestazioni necessarie per un infermiere si esauriscono per questi malati in media 45 min).
I Pai ora sono privi degli OSS che gli uffici comunali non possono facilmente fornire, mancando accordi di programma. E le famiglie che considerano queste figure irrinunciabili al fianco dei loro malati, sono costrette ora a metter mani al portafoglio.
Queste lamentele mi giungono anche dalle associazioni a tutela dei malati. Si è da sempre enfatizzato il ruolo del “Centro ascolto SLA” bene, contatti con esponenti dell’Aisla di Bari mi hanno descritto l’anomalo ruolo che recentemente sta acquisendo il centro nel suo ruolo di mero “contenitore di lamentele”. Viene poi impedito allo stesso il ruolo di “risolutore di disagi” per assenza di dialogo con gli uffici.
Questo è il disagio rilevato da quando mi sono interessato di questa area della sanità. Sono stato eletto per dare voce ai bisogni delle gente. E da sempre mi impegno a tastare il polso all’utenza. Ciò che ho percepito è tutto reale e dimostrabile. Sono disposto a darle tutti i riferimenti delle famiglie contattate, ma esigo e pretendo che non vengono effettuate poi pressioni psicologiche come più volte riferito. Mi dispiace contraddirla sulle fonti di informazione che lei mi sembra temere molto: le mie fonti di informazione principali sono e saranno le famiglie, i care givers e talvolta i malati stessi.
Questa analisi non è assolutamente passionale pur potendolo sembrare. È una analisi invece molto attenta a capillare che invece andrebbe presa in considerazione dalla Direzione Generale della sua Azienda anche e solo per dare un senso alla lievitazione notevole di costi deliberata.
Le comunico la mia ferma volontà di richiedere un tavolo tecnico dove avrò il piacere di incontrarla, al fine di creare un momento di confronto che non risulta in passato mai da lei concesso a professionisti operanti da molti anni nel settore.
L’assistenza domiciliare dei malati ad elevata fragilità, specie quelli in respirazione automatica, richiede alte competenze e ricercata attenzione, sensibilità ed ascolto. E su questo profilo vorrei da lei, come responsabile di una Unità di Fragilità, per la prima volta sentir proferire un termine troppo spesso dimenticato: alleanza terapeutica.
Questo, e non altro, deve essere il punto di partenza per un salto di qualità in quest’area della sanità e per questo mi batterò.
Colgo l’occasione per rivolgerle auguri di buon Anno.