Ristorazione ospedaliera, i pasti devono essere cucinati quotidianamente all’interno degli ospedali, altro che preparati e refrigerati in mega centri cottura e riscaldati e consumati in un ospedale! Presenterò esposto alla Corte dei Conti.
La schizofrenia della politica di Emiliano fa sì che da una parte si parli di distretto della salute con il validissimo progetto denominato Apulian lifestyle, maggiori informazioni li trovate nel link in calce, finanziato dalla Regione con appena 40 mila euro, che, tra le altre cose meritevoli, sta sperimentando una sana alimentazione come terapia in Valle D’Itria su un campione di 1000 pazienti diabetici, con alla base prodotti di filiera corta, di qualità e a km zero per tendere alla de-prescrizione, all’insegna del motto più qualità del cibo, meno barbiturici, più attività fisica adattata e prevenzione. Dall’altra parte, invece, la giunta regionale ha assentito con DGR al finanziamento di 12 milioni di euro per una ristorazione 4.0, destinati alla Ladisa spa per il progetto Restart, che punterà alla produzione di piatti pronti, il Cook and Chill, cioè, cucina e refrigera, addio il cotto, scodellato e mangiato. Ma siamo in un reparto di ospedale oppure nell’abitacolo di un Boeing 747? Non è possibile che la giornata alimentare di un ammalato debba essere equiparata a quella di un viaggiatore aviotrasportato e in salute, magari avessero preso spunto da quel settore per migliorare la sicurezza dei degenti, delle infezioni nosocomiali e del rischio clinico. Emiliano non può continuare a creare oligopoli, distruggendo le PMI, che porteranno da 45 a 7 i centri cottura della Puglia con una gara unica da 430 milioni di euro. Le cucine vanno riaperte negli ospedali perché la giornata alimentare è parte della terapia, la dispensa di un tempo che rimetteva in forze l’ammalato. Ad Amsterdam puntando sull’alimentazione hanno dimezzato i giorni di degenza. Servirà rifare le cucine ospedaliere dismesse nel tempo? Bene, allunghiamo di qualche anno le gare e facciamo pagare al privato i costi. Serviranno i carrelli abbattitori per la sicurezza alimentare nelle corsie? Poco male, non dovrà acquistarle l’azienda sanitaria che invece dovrebbe comprare i carrelli automatizzati per la dispensazione dei farmaci.
A parte la grave crisi occupazionale che ne scaturirà, 1200 posti sono a rischio, chi ci ripagherà dei tanti milioni di euro spesi per sistemare le cucine visto che se andasse avanti questo progetto ‘insalubre’ verranno dismesse? All’uopo mi preme ricordare il destino del centro cottura pubblico di Monte Laureto che, nonostante una proroga in essere da anni che obbligherebbe al suo utilizzo la ditta Ladisa spa, è stato abbandonato e preferito ad un centro cottura, distante più di 50 km dagli ospedali di Putigano e Monopoli, a detrimento della qualità delle pietanze e per esclusivo interesse dello stakeholder privato che si aggiudicò il servizio di refezione. Non parliamo poi dei lavoratori che a Monte Laureto stavano vicino a casa e che sono stati costretti con contratti partime a percorrere più di 100 km al giorno. Le esternalizzazioni, che il Tar Lazio ha recentemente vietato, sono diventate un obbligo per le Asl rinveniente dal blocco assunzionale introdotto da Tremonti nel 2004, dall’ingiusto riparto del FSN, dal blocco del turn over e dalla decurtazione dell’1.2% sul personale, le gare, sacrosanta e prevista dal codice degli appalti sarebbe la suddivisione in più lotti, le vincessero i migliori, ma i pasti devono essere prodotti in loco, nell’ospedale. L’optimum sarebbe quello di internalizzare il personale tutto, ma, conditio sine qua non, è necessaria l’abrogazione dell’anacronistica legge Tremonti (122/2004) che fotografò le piante organiche di allora, sottostimate da fitto e decurtate negli ultimi 14 anni, impedendo alle regioni di assumere e costringendoli a privatizzare pezzi sempre più corposi di sanità e servizi annessi.
Sicuramente presenterò un esposto alla Corte dei Conti, così come ho già fatto per le innumerevoli piscine riabilitative costruite e che non hanno mai visto l’acqua, perché qualcuno dovrà rispondere personalmente delle ingenti risorse investite a vuoto e mai entrate in funzione. Non esiste una legge dello Stato che obbliga Emiliano a dismettere le cucine ospedaliere, perché lo sta facendo? L’interesse della collettività non coincide mai con gli interessi di pochi che hanno fatto della sanità un business.
Già oggi ci sono dipendenti che rischiano il licenziamento per la condivisione di un post su Facebook o che afferiscono al pronto soccorso con stati d’ansia dovuti ad ambienti lavorativi non sereni, dove vogliamo arrivare?
Vergognatevi, perché gli esempi che potrei addurre non si costerebbero su due mani!!