La carenza di anestesisti è un problema cronico. ‘Purtroppo’, pur essendo delle figure specialistiche di cui molti ignorano l’esistenza e il ruolo, sono al vertice della piramide delle responsabilità e quasi tutte le attività ospedaliere ruotano intorno a loro. Senza anestesisti gli ospedali si bloccano perché intervengono in tutti i contesti, sia quelli della gestione dell’emergenza urgenza, sia quelli dell’attività programmata, dalle sale operatorie alle rianimazioni, dalle sale parto alla terapia del dolore e alla medicina iperbarica. Il problema nasce non dal numero chiuso delle scuole di medicina, io adotterei il modello francese, ma dal numero di posti disponibili nelle scuole di specializzazione. E aggiungerei che il problema è tutto italiano perché siamo l’unica nazione in cui esiste un unico contratto per tutti gli specialisti. Appena oltre il confine nazionale si usa una contrattazione diversa per categorie di specialisti e gli anestesisti sono gli specialisti con il più alto contratto di assunzione. Questo per compensare gli squilibri legati alla pessima qualità di vita degli anestesisti e le diverse possibilità di guadagno che gli altri specialisti hanno nel privato e con la libera professione (per questo urge una profonda riforma del sistema sanitario nazionale https://bit.ly/2G7myvc). Da qui nasce la fuga dei pochi anestesisti all’estero e la rinuncia a fare gli anestesisti in Italia. In Svizzera un anestesista neoassunto al primo contratto guadagna in media 12000 euro al mese, in gran Bretagna si parte da 18000 euro al mese, e negli stati uniti è lo specialista più pagato. In Italia il contratto di un medico anestesista al primo incarico, e per i primi 5 anni, è di 2500 euro base che possono diventare 2800 euro circa comprese tutte le indennità notturne e festive. Le sedute aggiuntive, con cui le aziende provano a tamponare, sono malpagate e super tassate, motivo per cui molti anestesisti decidono di non farle, tenendo conto anche che si tratta di stare sempre a disperarsi in ospedale senza avere più una vita privata.
Fatta questa doverosa e non esaustiva premessa generale, vi riporto brevemente un caso particolare, non l’unico in verità, di cui ho dettagliata contezza. Entro pochi mesi, se la situazione di penuria perdurasse, due dei già pochi anestesisti dell’ospedale della Murgia, probabilmente, andranno via per lo stress accumulato. Nell’entroterra servirebbero almeno cinque o sei anestesisti in più per garantire l’adeguato funzionamento dell’attività in elezione, della rianimazione, della sala operatoria, dei trasferimenti, etc…I frequenti trasferimenti, infatti, sballano le giornate dei rianimatori perché succede, non di rado, che poco prima del cambio turno salgano in ambulanza per assistere pazienti in transito verso altri nosocomi allungando di cinque ore la giornata lavorativa. Col tempo, questo modus operandi compromette la loro vita familiare e la socialità, per questo non vogliono venire a lavorare in periferia, dove c’è carenza di organico in ogni struttura complessa, o non vedono l’ora di semplificarsi la quotidianità andandosene in ambienti più organizzati e ricchi di personale. C’è, poi, chi lascia il posto nel pubblico e l’ospedale sotto casa per fuggire altrove, ma questa è un’altra storia.
Gli interventi programmati in ostetricia e ginecologia, oculistica (500 pazienti da operare), urologia, ortopedia, chirurgia, etc…sono pressoché bloccati perché una seduta a settimana è assolutamente insufficiente a evadere il fabbisogno di salute emarginato nelle inesauribili liste d’attesa. Pochi anestesisti, poche sedute, pochi interventi, attesa infinita, mobilità crescente. Ultimamente si sta spargendo la voce tra la gente che l’attesa che intercorre tra la visita e l’intervento presso l’ospedale della Murgia è indefinita e quest’ultima, giustamente, si rivolge ad altre strutture pugliesi o, peggio ancora, ingrassa la sempre pingue mobilità passiva extraregionale.
Mi piacerebbe conoscere il numero degli anestesisti del San Paolo, del Di Venere e del San Giacomo, sono certo che la sperequazione sarà evidente come lo è per la dotazione organica del pronto soccorso, della chirurgia, della cardiologia, della neurologia, della medicina, dall’oculistica e un po’ per tutte le altre specialità presenti. Io non so più a che santo votarmi per chiedere l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza anche nell’entroterra in ossequio all’articolo 32 della nostra Costituzione…ma non desisto!!
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