SANITA’, CONCA: “TOGLI LA STABILIZZAZIONE METTI LA STABILIZZAZIONE ”

È finito il tempo degli eroi del sistema sanitario e, così, l’articolo 255 della bozza del 13 maggio scorso è sparito nella stesura finale approvata ieri.
Quello che sembrava un refuso e un’ingiustizia da sanare ex post, che aveva acceso le speranze di molti, ha gettato nello sconforto migliaia di operatori sanitari.
La norma escludeva dalla stabilizzazione coloro che erano in prima linea, proprio quelli che stavano gestendo l’emergenza rischiando la vita per mancanza di dispositivi di protezione, e, paradossalmente, includeva chi lavorava comodamente a casa in smart-working. 
Si doveva estendere al 31.12.2020 e a tutti, superando l’articolo 11 bis, per dare la possibilità di maturare i 36 mesi di cui alla legge Madia. Un nulla di fatto per ora, salvo ripensamenti.
Non posso, però, non stigmatizzare la gara che molti hanno fatto per intestarsi una vittoria facendo i conti senza l’oste. Pagano e Boccia del Pd ringraziati da Emiliano che gongolova come se fosse merito suo.
Il M5S che precisava che era merito del governo, le altre forze del consiglio regionale cercavano di fare altrettanto. Ora il PD accusa il Movimento di gioco sporco e Leu ci rassicura che è solo merito di Speranza, ma forse non sono aggiornati sull’evoluzione. Insomma, una trama sempre più fitta e divertente. Staremo a vedere cosa succederà. 
Io avevo scritto una mail, il 10 aprile, a Montanaro ed Emiliano per chiedergli di sanare la stortura facendo leva sul governo centrale. Avrei potuto prendermi la mia parte di merito, ma non l’ho fatto perché aveva ragione Trapattoni, non dire gatto se non ce l’hai nel sacco.
Speriamo che si ravvedano tutti in futuro e, soprattutto, che si riformi il sistema sanitario nazionale una volta per tutte, così che non ci debba più essere bisogno di stabilizzare la precarietà ma regolari concorsi. 
Presidente Emiliano e Dottor Montanaro, 
vi scrivo perché qualche giorno fa avete emesso una circolare riguardante l’informativa per la stabilizzazione del personale del SSR che allego alla presente nota. Per molti operatori questa sarebbe stata un ottima notizia, se non fosse che la regione ha deciso di non riconoscere il requisito alla stabilizzazione a coloro che maturano i 36 mesi di anzianità entro il 2020 cosi come il decreto milleproroghe con l’estensione della legge Madia voleva prevedere.
Ho approfondito la questione, che mi era stata sottoposta da più parti, ed ho compreso che nel provvedimento di Legge hanno dimenticato di abrogare commi che di fatto escludono gli operatori sul campo di battaglia. Ho chiesto ad alcuni parlamentari di farsene carico per rimediare a livello centrale, ma ritengo che deve essere la stessa regione a farsene carico. Dimenticano chi sta in trincea e stabilizzano chi sta in smartworking, ‘mannaggia’ a loro. Io credo che la regione debba sollecitare, se non l’ha già fatto, una modifica normativa o, in alternativa, una circolare interpretativa che in realtà amplia la portata del testo (circolari di tal tipo sono già state emanate con riferimento al decreto Madia). Devo dire che, a parte la situazione di emergenza attuale e la profonda stima per chi oggi sta lavorando rischiando la vita per mancanza di DPI, per me questa annosa abitudine delle stabilizzazioni è una sconfitta per la pubblica amministrazione. Stiamo stabilizzando senza concorso ormai da anni e stiamo prorogando anche per anni il termine di maturazione dei requisiti, in barba all’articolo 97 della Costituzione. È evidente che, davanti a continui e assurdi vincoli assunzionali posti dal Mes e dal Mis che rendono inderogabile una modifica radicale del SSN e della legge 194/1998 sugli schizofrenici piani di rientro, il tempo determinato sia diventato per le Regioni una necessità per garantire i livelli essenziali di assistenza. Qui di seguito vi posto uno stralcio che meglio definisce l’annosa faccenda.
Saluti
Mario Conca
“La ratio del legislatore era quella di estendere il termine per maturare il requisito della stabilizzazione al dicembre 2020 per tutto il personale, sia sanitari sia amministrativi, tuttavia, alla ratio non è seguita la formulazione della norma in modo corretto. Oggi il comma 1 dell’articolo 20 è stato modificato con termine  2020, ma i successivi commi 11 e 11 bis prevedono quanto segue: “11. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano al personale, dirigenziale e no, di cui al comma 10 (personale  del Servizio sanitario nazionale), nonche’ al personale delle amministrazioni finanziate dal Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca, anche ove lo stesso abbia maturato il periodo di tre anni di lavoro negli ultimi otto anni rispettivamente presso diverse amministrazioni del Servizio sanitario nazionale o presso diversi enti e istituzioni di ricerca. 
11-bis. Allo scopo di fronteggiare la grave carenza di personale e superare il precariato, nonche’ per garantire la continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, per il personale medico, tecnico-professionale e infermieristico, dirigenziale e no, del Servizio sanitario nazionale, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano fino al 31 dicembre 2022. Ai fini del presente comma il termine per il requisito di cui al comma 1, lettera c), e al comma 2, lettera b), e’ stabilito alla data del 31 dicembre 2019″. E’ quindi evidente che la mancata abrogazione del comma 11 bis fa sì che la lettura più coerente con il dato testuale sia quella per cui il comma 11 bis è derogatorio rispetto al comma 11 con il suo richiamo al comma 1, con la conseguenza che il personale amministrativo beneficia dell’allungamento al 2020 e quello sanitario resta fermo al 2019″.
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